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"Va sempre bene a quelli che piacciono alle donne" - 26 novembre 2002

C’erano una volta tre fratelli; come fosse andata io non lo so, ma a ognuno era stato dato di veder realizzato un suo desiderio: avrebbero potuto avere quel che volevano. I due maggiori non ci stettero molto a pensare, e desiderarono che ogni volta che mettevano la mano in tasca ci trovassero sempre del denaro. – Quando uno ha tutto il denaro che vuole se la cava sempre a questo mondo, - dicevano. Ma il più giovane desiderò qualcosa di meglio: avrebbe voluto piacere a tutte le donne, a prima vista: questo era meglio del denaro e della ricchezza, lo vedremo.
Dopo avere formulato il proprio desiderio i due grandi vollero andarsene per il mondo, e Ceneraccio, il più giovane, li pregò di poter andare con loro. Ma quelli non ne vollero sentire parlare. – Dovunque andremo, saremo accolti come conti e come principi, - dissero. – Ma tu, pezzente di un affamato che non hai niente e nemmeno avrai mai niente, pensi che qualcuno si occuperà di te?
- Eppure io vorrei lo stesso che mi permetteste di venire con voi, - disse Ceneraccio. - Mi potrebbe anche toccare qualche boccone d'arrosto, una volta che fossi in compagnia di persone così importanti.
Prega e riprega, alla fine gli concessero di andare con loro, solo che dovette promettere di far da servitore: altrimenti non ne volevano sapere di lui.
Dopo una giornata o poco meno di viaggio giunsero a una locanda: allora i due che avevano denaro entrarono, ordinarono arrosto e pesce, acquavite e idromele e tutto quello che c'era di meglio; Ceneraccio invece dovette stare attento a tutte le cose di quei due ricconi.
Ma mentre se ne stava gironzolando per il cortile, fu visto dalla moglie del locandiere che si era affacciata alla finestra: un ragazzo più bello del servitore dei due ricchi ospiti non lo aveva mai visto, pensò. Guarda e riguarda, ogni volta che lo guardava le sembrava più bello.
- Che diavolo stai facendo lì alla finestra con gli occhi spalancati? - le chiese il marito. - Sarebbe meglio che tu ti occupassi del maiale arrosto invece di star lì con le mani in mano! Vedi bene che ospiti abbiamo oggi! - Oh, a me non importa niente di quei ricconi, - disse la donna. - Se non vogliono rimanere possono ritornarsene di dove sono venuti! Ma vieni un po' qui piuttosto, a veder quel ragazzo che passeggia in cortile! In vita mia non ne ho mai visto uno più bello di quello! Se sei d'accordo con me, lo facciamo entrare e gli offriamo qualcosa, perché non se la passa certo bene, poveretto.
- Hai perso anche quel po' di cervello che ti rimaneva, vecchia mia -. L'oste era così arrabbiato che faceva scintille. - Vai in cucina, occupati dei fornelli e non stare qui a guardare a occhi spalancati i garzoni forestieri! Alla donna non restò altro da fare che andare in cucina a occuparsi del pranzo. Il ragazzo non poteva guardarlo, dargli da mangiare ancora meno, ma mentre stava mettendo il maiale sullo spiedo pensò di fare un salto in cortile, e diede a Ceneraccio un paio di forbici fatte in modo che bastava che lui tagliasse l'aria con quelle per ricavarne i più bei vestiti che uno possa immaginare: vestiti di seta, di velluto e delle stoffe più belle che ci fossero: - Te le do perché sei così bello! - disse la donna.
Quando i due fratelli si furono rimpinzati di tutte le buone cose che trovarono, arrostite e fritte, decisero di andarsene. Ceneraccio si mise dietro la carrozza come un servitore e così viaggiarono ancora per un bel po', fino a che arrivarono a un'altra locanda. Vollero subito entrarci, ma Ceneraccio, che non aveva denaro, non poté andare con loro; dovette rimanere ancora una volta fuori della porta a badare a tutte le loro cose: - E se qualcuno ti domanda chi sono i tuoi padroni, di' che siamo due principi stranieri! - gli ordinarono.
Ma tutto andò come la prima volta: mentre Ceneraccio se ne stava in cortile senza far niente la moglie del locandiere si affacciò alla finestra, lo vide e perse subito la testa per lui come la padrona della prima locanda. Rimase anche lei lì ferma a guardarlo e non si saziava mai. Ecco che il marito passò di corsa nella stanza per portare ai due principi una cosa che quelli avevano ordinato.
- Non stare lì ad occhi spalancati come una mucca sulla porta del fienile, ma va' in cucina a badare al pesce, vecchia mia! - disse l'uomo. - Vedi bene che ospiti abbiamo oggi.
- A me di quella gentaglia con un sacco di soldi non importa niente! - disse la donna. - Se non vogliono quello che abbiamo noi, che si mangino pure le provviste che hanno portato con sé. Ma vieni anche tu a guardare: un ragazzo bello come quello che è lì in cortile io non l'ho mai visto al mondo. Se sei d'accordo con me, lo facciamo entrare e gli offriamo qualcosa. Sembra proprio che ne abbia bisogno, poveretto! E come è bello! - disse la donna. - Di cervello non ne hai mai avuto molto, e quel poco che avevi se n'è andato per conto suo anche quello! Lo vedo bene, - disse l'uomo. Si infuriò poi ancor più del primo locandiere e cacciò malamente la moglie in cucina: - Via, in cucina, non star qui con gli occhi spalancati a guardare i ragazzi! - gridò. Lei dovette andarsene allora a badare al suo pesce: di offrire qualcosa da mangiare a Ceneraccio non ne ebbe il coraggio, perché aveva paura del marito. Mentre però stava trafficando intorno al fuoco pensò di fare un salto in cortile e diede a Ceneraccio una tovaglia fatta in modo che bastava stenderla perché si apparecchiasse con tutte le cose più buone che uno si possa immaginare: - Te la do perché sei così bello! - gli disse.
Quando i fratelli ebbero mangiato e bevuto tutto quello che c’era e pagato un sacco di soldi, si misero di nuovo in viaggio, con Ceneraccio dietro la carrozza. Viaggiarono finché non ebbero di nuovo fame, poi si fermarono a una locanda e ordinarono tutte le cose più care e più buone che riuscirono a trovare: - Noi siamo due re in viaggio, e di denaro ne abbiamo a bizzeffe! – dichiararono. Non appena il padrone udì questo, ci fu subito un arrostire e un friggere che se ne sentì l’odore fino alla fattoria vicina; il locandiere non sapeva più cosa trovare di buono per i due. Ceneraccio invece dovette restarsene fuori anche questa volta per badare a quel che era nella carrozza. Ma tutto andò come le altre due volte. La moglie del locandiere gettò per caso uno sguardo fuori della finestra e vide il servitore che se ne stava vicino alla carrozza: un ragazzo bello come quello non l’aveva mai visto in vita sua. Guarda, guarda, più lo guardava più quello diventava bello, secondo lei.
Il locandiere attraversò di corsa la stanza con la roba da mangiare ordinata dai due re in viaggio: a veder la moglie che guardava fuori dalla finestra non rimase davvero calmo. – E non sai fare altro che startene lì a occhi spalancati, proprio adesso, con gli ospiti che abbiamo? – le chiese. – Via subito in cucina a badare alla panna, e di volo! - Oh, non c’è da prendersela tanto, dico io! Se non vogliono aspettare finché è pronta la farinata con la panna possono andarsene, - rispose la donna. – Vieni piuttosto qui a vedere: un ragazzo bello come quello che è lì nel cortile io non l’ho mai visto. Se sei d’accordo con me, lo facciamo entrare e gli offriamo qualcosa, perché deve averne bisogno. Oh, è proprio bello come un angelo!
- Sei sempre stata matta per i giovanotti, e lo sei ancora, - disse l'uomo. Era così arrabbiato che non sapeva su che piede stare. - Ma se non vai subito a badare alle pentole ci penserò io a farti correre con una pedata! La donna allora dovette affrettarsi ad andare in cucina più presto che poteva perché sapeva che con suo marito non c'era da scherzare; ma poi fece un salto in cortile e diede a Ceneraccio una cannella da botte.
- Basta che tu giri il rubinetto, - gli disse, - e potrai avere da bere tutto quello che vuoi: idromele, vino e acquavite. Te lo do perché sei così bello! - aggiunse.
Quando i due fratelli ebbero mangiato e bevuto tutto quello che volevano, lasciarono la locanda e Ceneraccio si rimise dietro la vettura per far loro da servitore.
Il viaggio durò un bel pezzo, e alla fine giunsero a una reggia. Allora i due fratelli maggiori fecero finta di essere figli dell’imperatore e furono accolti con tutti gli onori, perché di denaro ne avevano abbastanza ed erano così lucenti che risplendevano da lontano. Dovevano abitare al castello, il re non sapeva più cosa fare in loro onore. Ma Ceneraccio, che era ancora tutto stracciato come quando era partito di casa e che non aveva un soldo in tasca, fu afferrato dalle guardie e messo su di un isolotto dove portavano tutti i mendicanti e gli straccioni che venivano alla reggia: il re aveva ordinato così perché essi non turbassero l’allegria del castello andando in giro con tutti i loro cenci e le loro miserie. Da mangiare era portato loro quel tanto che bastava perché non morissero. I fratelli di Ceneraccio si accorsero bene che le guardie lo avevano messo in una barchetta per portarlo all’isola, ma ben contenti di liberarsene non se ne preoccuparono affatto.
Arrivato però all’isolotto, Ceneraccio tirò subito fuori le sue forbici e si mise a tagliare l’aria: ricavò così subito i più bei vestiti che uno si possa immaginare: vestiti di seta e di velluto, e così gli straccioni che erano sull’isolotto diventarono molto più eleganti del re e di tutti quelli che abitavano al castello. Allora Ceneraccio prese la tovaglia, la stese e così anche quei poveracci ebbero da mangiare a sazietà. Nella reggia non c’era mai stato un banchetto come quello dato da Ceneraccio nell’isolotto degli straccioni. – Dovete certo anche avere sete, - disse Ceneraccio tirando fuori la sua cannella e girando un po’ il rubinetto. Così quegli straccioni ebbero qualcosa da bere: una birra e un idromele come quelli non li aveva mai bevuti in vita sua neppure il re.
Quando quelli che dovevano portar da mangiare agli straccioni dell’isolotto arrivarono in barca con le croste avanzate della farinata e con le bottiglie di siero di latte – questo era il cibo loro destinato – quelli dell’isolotto non vollero nemmeno assaggiarlo. Il fatto sembrò molto strano a quelli della reggia, ma ancora più meravigliati rimasero quando guardarono gli straccioni e li videro vestiti tutti quanti che sembravano imperatori e papi. Pensarono così di essersi sbagliati di isola, ma guardando più attentamente si accorsero che era veramente quella. Capirono allora che doveva essere stato il ragazzo che avevano portato lì il giorno prima a procurare tutte quelle belle cose. Ritornati alla reggia non misero tempo in mezzo a raccontare che quello che avevano portato all’isolotto il giorno prima aveva rivestito tutti gli straccioni: erano diventati tutti così eleganti e così splendenti che era una vera meraviglia. – La farinata e il siero che abbiamo portato non l’hanno nemmeno voluto assaggiare! Tanto superbi sono diventati! – dissero. Uno aveva anche avuto sentore di un paio di forbici con cui il ragazzo aveva tagliato i vestiti: - Quando quello alza in aria le forbici e si mette a tagliare, taglia solo seta e velluto, - spiegò.
Sentendo questo, la principessa non ebbe più pace fino a che non poté vedere il ragazzo e le forbici che tagliavano seta e velluto nell’aria: era un paio di forbici che valeva proprio la pena di possedere, pensava. Con quelle avrebbe potuto procurarsi tutti i vestiti che desiderava! Pregò allora e ripregò il re di mandare a chiamare il ragazzo che possedeva quelle forbici, e quando quello arrivò alla reggia la principessa gli chiese se era vero che possedeva un paio di forbici così e così, e se voleva vendergliele.
Sì che ce l’aveva un paio di forbici così, rispose Ceneraccio, ma di venderle non aveva la minima intenzione. Tirate poi fuori le forbici dalla tasca si mise a tagliare in aria, così che i pezzi di seta e di velluto volarono intorno alle orecchie della ragazza.
- Devi vendermele assolutamente, - disse la principessa. – Puoi chiedermi quello che vuoi, ma non ne posso fare a meno.
No, venderle non voleva a nessun costo, perché un paio di forbici come quelle non avrebbe potuto procurarsele mai più. Mentre stavano lì discutendo e contrattando, la principessa guardò più attentamente Ceneraccio, e pensò subito anche lei come le mogli dei locandieri: un ragazzo bello come quello non lo aveva mai visto in vita sua.
Si mise allora di nuovo a contrattare pregando e ripregando Ceneraccio di vendergliele: poteva chiederle tutti i talleri che voleva; a lei non importava niente, pur di avere le forbici.
- No, venderle non le vendo, - dichiarò Ceneraccio, - ma fa lo stesso: se stanotte posso dormire sul pavimento in camera della principessa, vicino vicino alla porta, darò le forbici. Non le farò niente, ma se ha paura può ben tenersi due uomini di guardia in camera.
Così poteva andare, pensò la principessa: a lei bastava avere le forbici. La notte Ceneraccio si coricò dunque per terra in camera della principessa; c’erano due uomini di guardia, ma la principessa non dormì molto lo stesso perché sul più bello le veniva voglia di aprire gli occhi per riguardarsi Ceneraccio, e continuò così tutta la notte: non aveva ancora chiuso gli occhi che doveva aprirli di nuovo, tanto le sembrava bello.
La mattina riportarono Ceneraccio all’isolotto degli straccioni, ma quando poi arrivarono con le croste di farinata e le bottiglie di siero mandate dalla reggia non ci fu nessuno che volle mangiarle nemmeno quel giorno e così quelli che avevano portato il mangiare rimasero ancora più meravigliati; uno riuscì a sapere che il ragazzo delle forbici possedeva anche una tovaglia e che bastava che la stendesse per avere ogni ben di Dio. Quando tornò alla reggia non ci mise molto a raccontare tutto: - Un arrosto come quello e una farinata con la panna così, non si sono mai mangiati alla reggia, - dichiarò.
Quando la principessa sentì questo andò subito a raccontarlo al re e poi lo pregò e lo ripregò di mandare a prendere nell’isolotto il padrone della tovaglia. Così Ceneraccio ritornò al castello. La principessa voleva assolutamente avere la tovaglia, e perciò gli offrì un mucchio d’oro e gli promise mari e monti. Ma Ceneraccio non aveva intenzione di venderla a nessuna condizione e a nessun prezzo: - Ma se potrò dormire stanotte sulla panca davanti al letto della principessa le darò la mia tovaglia. Io non le farò niente, ma se ha paura può ben mettere nella camera quattro uomini di guardia.
La principessa fu subito d’accordo. Ceneraccio si coricò sulla panca davanti al letto della principessa e quattro uomini si misero a far la guardia, ma se la notte precedente la principessa non aveva dormito molto, quella notte dormì anche meno: non fu quasi capace di chiuder occhio. Dovette rimanere tutta la notte coricata a occhi spalancati guardando quel bel ragazzo, e ciononostante la notte le sembrò corta.
La mattina dopo riportarono Ceneraccio all’isolotto degli straccioni, ma non fu davvero la principessa a ordinarlo, innamorata cotta come era di lui. Non ci fu nulla da fare, dovette tornare lì. Quando dalla reggia arrivarono con le croste di farinata e con il siero per gli straccioni non ce ne fu nemmeno uno che volle mangiare quello che mandava il re. Di questo quelli della reggia non si stupirono, ma sembrò loro strano che nemmeno uno avesse sete. Ma un servo riuscì a sapere che il ragazzo delle forbici e della tovaglia aveva anche una cannella da botte: bastava girare un po’ il rubinetto per aver da bere quanto di meglio ci si poteva immaginare in fatto di birra, di idromele e di vino. Quando tornò al castello non tenne la bocca chiusa più delle altre volte, e raccontò a destra e a sinistra della cannella e di come era facile, avendola, procurarsi ogni sorta di bevande. – Una birra e un idromele come quelli non si sono mai bevuti alla reggia, - dichiarò, - sono più dolci del miele e della melassa.
A sentir questo, la principessa dichiarò che voleva avere subito la cannella; non le sarebbe dispiaciuto davvero dover venire a patti con il proprietario. Andò così un’altra volta dal re e gli chiese di mandar qualcuno all’isola degli straccioni a prendere il ragazzo delle forbici e della tovaglia: quello possedeva anche un’altra cosa che valeva la pena di avere, dichiarò. Quando il re sentì che si trattava di una cannella che dava la birra più buona e il più buon vino che si potesse desiderare solo che si girasse un po’ il rubinetto non mise tempo in mezzo a mandare qualcuno all’isolotto, si capisce.
Quando Ceneraccio arrivò al castello, la principessa gli domandò se era vero che aveva una cannella così e così. Il giovane dichiarò di averla nella tasca del panciotto, ma quando la principessa gli disse che la voleva comprare a tutti i costi le rispose, come le due volte precedenti, che di venderla non aveva la minima intenzione, neanche se la principessa gli avesse offerto in cambio la metà del regno.
- Ma non importa, - continuò Ceneraccio, - se questa notte mi si darà il permesso di stare sull’orlo del suo letto sopra la coperta, le darò la cannella. Non le farò niente, ma se ha paura, la principessa potrà pure mettere in camera otto uomini di guardia.
Di guardie non ce n’era bisogno, rispose la principessa, ormai lo conosceva, e così Ceneraccio la notte si coricò sopra la coperta di pelli, di fianco alla principessa. Ma se la fanciulla non aveva dormito molto le due notti precedenti ebbe ancora meno tempo per il sonno quella notte lì. Non riuscì a chiudere nemmeno un occhio, dovette sempre restar lì coricata a guardare Ceneraccio che le si era disteso accanto sull’orlo del letto. Quando la mattina si alzò, volevano riportare Ceneraccio all’isola degli straccioni, ma lei chiese di aspettare un pochettino, poi corse dal re e lo pregò con tutte le sue forze, dicendogli che voleva Ceneraccio: se ne era talmente innamorata che, se non avesse potuto averlo, non le sarebbe più importato niente di vivere, dichiarò. - Certo che puoi averlo, se ci tieni tanto, - le rispose il re, - uno che possiede cose come quelle è certamente altrettanto ricco di te.
Così Ceneraccio si ebbe la principessa e la metà del regno – l’altra metà l’avrebbe avuta alla morte del re – e tutto andò nel modo migliore, ma i suoi fratelli che erano stati sempre così cattivi con lui furono portati all’isolotto degli straccioni. – Possono restare là fino a che si saranno accorti se sta meglio chi ha le tasche piene di soldi o chi piace alle donne, - dichiarò Ceneraccio. E sull’isolotto degli straccioni non serviva proprio a nulla mettersi le mani in tasca e far tintinnare i denari. Se Ceneraccio non li ha tolti dall’isola, stanno certo ancora lì ai nostri giorni, mangiando farinata fredda e bevendo siero di latte.


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