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02 Settembre 2014 - 20:44
"I can tell about the times you know when I wished to leave this world"
L'11 Agosto il mondo è stato sconvolto dalla notizia che l'attore Robin Williams si è suicidato nella propria casa. Sarà ricordato come uno dei più bravi e amati di Hollywood, ma ciò non è bastato a salvarlo dal male di vivere, da quel buco nero che troppo spesso risucchia le vite dall'interno. Robin Williams non è stato il primo (ci si può augurare solo utopicamente che sia stato l'ultimo) tra le celebrità a dimostrarci, se ce ne fosse bisogno, che fama e ricchezza non danno la felicità, anzi. La realtà è che troppe volte la vita che viviamo di fuori non corrisponde a quella che viviamo dentro, dove siamo soli con noi stessi, con i nostri dubbi, le nostre ansie, le nostre speranze spesso deluse, la nostra sensibilità e le nostre paure, dove le maschere non servono perché non possiamo sfuggire a ciò che siamo e sentiamo realmente.

Lo sa Lene, non solo perché argomenti delle sue canzoni. A sorpresa, in un articolo di un'apertura impensabile pubblicato sull'Aftenposten Lunedì 1 Settembre e poi riportato sul proprio profilo Facebook, ha tolto definitivamente i veli dalla sua esperienza più brutta vissuta in quei quattro anni di improvviso e totale silenzio dopo il suo primo album Playing My Game. Lene non voleva più vivere. Lene ha davvero tentato di farla finita.

Se oggi lo racconta (per fortuna sua e nostra lo può fare) è perché quei momenti, pur con gli strascichi e le cicatrici lasciate nell'anima, sono superati e spera che il suo racconto possa essere di aiuto ad altri.

Da fan, non possiamo che ritrovarci ora con un sacco di pensieri in testa: Lene si è aperta più volte in passato riguardo agli anni difficili seguenti il suo successo internazionale, e ognuno di noi avrà elaborato le proprie considerazioni al riguardo. Ma è uno sconvolgente controsenso immaginare che mentre la sua musica era un conforto (e spesso anche di più) per noi, tutto ciò che vi ruotava intorno era diventato per lei un peso talmente insostenibile da preferirgli la morte. Pensare che in fondo la causa eravamo in parte anche "noi" che le abbiamo regalato il successo, la voglia che c'era a quel tempo di vederla, ciò che la "costringeva" (in conseguenza evidentemente anche degli interessi economici di chi aveva da guadagnarci) a quella vita a cui, come dice lei stessa nell'articolo, non riusciva a porre freno pur sapendo che avrebbe dovuto.

Non spaventano le parole di Lene, oggi cariche di speranza e positività, ma leggendole colpisce come un pugno allo stomaco pensare quello che ha affrontato. Da veri sostenitori quali siamo l'ultima cosa che possiamo volere è il male di chi amiamo (che è prima di tutto una persona esattamente come noi) da sempre in maniera paziente e rispettosa. Se tante volte le siamo stati grati per ciò che è, oggi non potremmo esserlo di più, per l'esempio che questa piccola donna, fragile e forte allo stesso tempo ci sta dando col suo racconto, sperando anche noi che il suo messaggio, che riportamo qui tradotto in italiano, possa in qualche modo aiutare chi ne ha bisogno.

Miei cari!
Ci ho pensato a lungo. E alla fine l'ho fatto, la storia è adesso pubblica. Spero che possa essere di aiuto a voi o a qualcuno che amate! Può fare molta paura rendersi vulnerabili, togliere le proprie maschere. Ma in tutta sincerità, alla fine ci si sente bene, più di quanto ci si possa sentire spaventati!
Ho avuto dei momenti davvero bui nella mia vita. Ma per fortuna ho fatto dei cambiamenti. E ne sono tanto felice!

So che alcuni non parlano Norvegese, perciò l'articolo è stato tradotto affinché anche voi possiate leggerlo. La traduzione è qui sotto.

:) Lene


Non volevo più vivere

Da fuori tutto sembrava perfetto. E questo peggiorava solo le cose, scrive Lene Marlin.

Avevo deciso che non ne avrei mai parlato pubblicamente. Non perché me ne vergogni, no: non me ne vergogno. Ma perché volevo soltanto chiudere per sempre con questo peso. Ma con il passare degli anni ho capito che non mi abbandonerà mai completamente. E' parte di quello che sono. Ci convivo ogni giorno, e lo porterò con me per il resto della vita. E così tanto vale che lo dica, apertamente:
Ho tentato di togliermi la vita.
Non riuscivo a sostenere la pressione.


E' strano, no? come puoi passare dal vivere la vita per te stessa al realizzare d'improvviso che stai vivendo per qualcun altro; per le sue aspettative e i suoi sogni. Come è facile perdersi nelle pretese altrui. Come è facile iniziare a vivere la vita di altre persone. Ora lo vedo di continuo, ragazzi che lottano. Perfino persone più adulte; immagino ancora di sentire la pressione dopo tutti questi anni. Quindi, quale speranza ci resta?

Una pressione diversa
Vorrei potervi dire che la pressione allenta la presa man mano che cresci. L'unica cosa che posso dire è che cambia. Avete solo più scelte. Io decisi che l'unica che potesse rendermi felice ero io. Questo processo ha comportato scelte che sembravano davvero strane a chi mi era vicino, ma non ho rimpianti. Perché già mentre vivevo questa frenetica vita da sogno sapevo che dovevo fermarla.

Ho lasciato che mi sfuggisse di mano.
Perché a quel tempo mi mancava sia la forza che la capacità di ascoltare me stessa piuttosto che gli altri, ci sono voluti anni per guarire completamente. Questo è il mio unico rammarico. Tuttavia mi ha permesso di vivere la mia vita in maniera diversa. Nel bene e nel male, ho scoperto da giovane come non volevo vivere la mia vita, ed è qualcosa per cui sono grata. Altri impiegano più tempo a capirlo e rischiano di non aver mai vissuto la vita che avrebbero voluto realmente.

Tornavo a casa nei momenti liberi
Faccio ancora brutti sogni riguardo al liceo; che mi chiamano dicendomi che devo tornare, rifare tutto da capo. Mi sentivo come se non fosse il mio posto. Come se fossi strana e diversa dagli altri. Ogni volta che avevamo del tempo libero, anche a metà giornata, tornavo a casa: suonavo la chitarra finché potevo e tornavo indietro di corsa quando era l'ora. E' stato allora che ho trovato la forza di cui avevo bisogno. Ho continuato a pensare che se avessi superato quei tre anni tutto sarebbe andato per il meglio. E così è stato. A volte devi solo tenere duro ancora un po'.

Una volta, passati i vent'anni, mi sono ritrovata distesa sul pavimento freddo della cucina, indebolita dal pianto. Non ho idea di quante ore fossi andata avanti, ma scoprii che si possono davvero esaurire le lacrime. Che il tuo corpo può sopportare solo fino a un certo punto. Ero completamente devastata; ma mi riappacificai con la consapevolezza che quella doveva essere la mia ultima notte. Mi sentii sorprendentemente fredda e distaccata mentre scrivevo messaggi alle persone a me care. Volevo davvero farla finita quella notte. Quando ho chiuso gli occhi mi sono sentita in pace. Mi sono risvegliata diverse ore dopo, confusa e con dei dolori terribili. Ironia della sorte, non avevo neanche la forza di riprovarci; ero troppo debole perfino per morire.

L'importanza di trovare ascolto
Non trovare ascolto fa male. Può volerci tanto tempo per trovare le parole giuste, ma quando ce la fai è importante che chi ti sta vicino ti ascolti davvero e ti prenda sul serio. Se questo non accade è facilissimo rinchiudersi di nuovo nel proprio guscio, nella convinzione di dover convivere da solo con i tuoi pensieri pesanti come macigni. Questo tipo di solitudine è la peggiore.

Farla finita? Tu? Hai vissuto il più grande sogno di chiunque. Hai viaggiato per il mondo, guadagnato tanto, vinto premi, di cos'hai di che preoccuparti? Mi dicevano che ero un'ingrata. La pressione alle stelle, le aspettative, non ce la facevo più.

Un vuoto infinito, assolutamente terrificante. All'apparenza andava tutto bene. Dall'esterno tutto sembrava perfetto e ciò rendeva quel vuoto ancora più spaventoso. Niente che sembrasse ferirti, in più ti senti dire che non hai motivo per essere addolorata. C'è sempre qualcuno che sta peggio.

E sì, forse è vero. Ma ciò non significa che il tuo o il mio dolore sia meno intenso.

Il dolore che sai
Una volta finii al pronto soccorso, mi dissero che ero stata molto fortunata. Non mi sentivo fortunata. Avevo tentato di morire, e invece eccomi ancora lì. Quella notte mi sono ritrovata in fondo a una stanza buia, ascoltavo una ragazza dall'altro lato di una tendina. Spiegava perché lo aveva fatto e ricordo che parlava del ragazzo che l'aveva lasciata e di come pensava che sarebbero stati insieme per sempre e che ora non le restava una ragione per vivere. O qualcosa del genere. Scivolavo di continuo tra il sonno e la veglia e ricordo solo frammenti. Nessun ragazzo mi aveva fatta finire lì in quel letto, ma riconoscevo nella voce di quella ragazza il mio stesso dolore.

Siamo ciò che diventiamo. A volte la strada è lunga e tortuosa, specialmente nell'adolescenza, quando tutto ti ferisce ed è dura credere che finirà. Non ce la fai a crederlo!

Me ne rendo conto oggi con persone che conosco che stanno lottando. E' difficile perfino provare a far credere loro che la vita poi migliora davvero. In questi casi riporto le mie esperienze personali; posso dire loro che so cosa vuol dire sentirsi così stanchi e piccoli al punto di non vedere più alcuna speranza. Quando riescono a visualizzarlo, mentre si ritrovano faccia a faccia con ciò che sono oggi, quello è il momento in cui mi rendo conto che capiscono cosa sto dicendo.

Continuate a provarci!
Non si può cambiare il passato, ma potete cambiare il modo di conviverci. A volte ho dei flashback dal passato. Spesso riguardano cose che ho rimosso completamente, così quando mi vedo quelle immagini ci può volere tanto a realizzare. Tutto il mio corpo reagisce, come se ricordasse ciò che la mente ha cancellato. E' allora che vado in panico, mi sento in trappola e mi manca il respiro, e mi ci vuole del tempo prima di potermi convincere che è tutto passato. A quel punto il mio corpo si rilassa, ma nel mentre è una sensazione terribile.

In una lacrima c'è molto, molto più di quanto si possa immaginare. Mi avete vista piangere in TV, una cosa del tutto inaspettata, è successo quando le canzoni e le conversazioni mi hanno riportata a quei momenti. Quella fu un'esperienza dolorosa e splendida allo stesso tempo perché ciò che avvertivo di più era la sensazione che quelle cose le avevo superate e le guardavo da lontano ormai. Un pensiero impegnativo per una che non pensava di superare i 30 anni.
Non mi vergogno di quelle lacrime, so che avrei dovuto piangerle molto tempo fa.
Perciò se state leggendo queste righe e non siete in un bel periodo, se non riuscite a immaginare che la vita possa migliorare, vi prego tenete duro ancora un po' e datemi retta: ne sarà valsa la pena!



Lene sarà ospite in TV nel programma Senkveld in onda venerdì 5 settembre alle ore 22:15.

 
 


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